Épisodes

  • Rammelsberg, Goslar, Harz e Quedlinburg – Fossati, miniere e case a graticcio
    Sep 18 2024
    Mille anni fa nacque un messaggero. Nessuno ne aveva la certezza ancora, come potevano: un messaggero diventa tale solo nell’attimo in cui la prima lettera affidatagli abbandona la sua mano, raggiungendo il destinatario o chi ne fa le veci. Però, al tempo, si sapeva, sarebbe stato proprio un messaggero. Tra le mille vie, allora, si sparse la voce che finalmente Quedlinburg avrebbe avuto qualcuno a cui affidare le proprie lettere, e si sa, le parole sono il primo passo verso la vita eterna. Erano gli albori della storia tedesca, quando il duca sassone Enrico ricevette la corona reale, ai piedi della collina del mio castello. In seguito alla morte del duca, l’amata regina Matilde, poi diventata Santa, avrebbe istituito un convento, inizialmente per pregare il defunto marito, poi trasformato in casa di suore per oltre 900 anni. Il messaggero, nel frattempo, si era fatto uomo, o quasi, e arrivò il primo incarico: una lettera, discorsi di soldi e mercanti, e al suo interno però, vista in controluce, una busta più piccola, e il messaggero s’immaginò fossero parole d’amore, così custodì con molta cura la lettera fino a destinazione. Essa si trovava nell’Alto Harz, a un giorno e mezzo di cavallo, una zona con 60 stagni e chilometri e chilometri di fossati e corsi d’acqua, a cui, nel tempo, si sarebbero aggiunti quelli creati dai vari minatori. Più avanti, quando i figli e i nipoti del messaggero sarebbero passati da lì, le acque avrebbero servito anche come risorsa energetica per tutta la zona limitrofa. Nel frattempo, io, Quedlingburg, crescevo: c’erano ormai 2000 case a graticcio generosamente decorate, in cui ancora oggi mi ritrovo; costruirono poi anche il Municipio, dal cuore gotico, e che negli anni guadagnò aggiunte di stile rinascimentale; cominciarono ad affiorare le prime chiese, e ciascuna di loro rappresenta, ancora oggi, un’epoca particolare del mio passato, a partire dalla cappella di San Giovanni e la vecchia chiesa di Bad Suderode. Intanto, la dinastia del messaggero continuava, ed era una delle poche, all’epoca, in cui anche le donne rivestivano il ruolo, e così la famiglia si muoveva nel tempo e nello spazio dell’impero tedesco. E cos’è un messaggero, se non un esploratore con un compito in più? Il movimento è naturale, la curiosità pure, ed è così che, anche secoli dopo la nascita del primo messaggero, quando c’era da consegnare un messaggio a Goslar, si andava a Goslar, si apprezzava il cibo e le tante case a graticcio, allo stesso tempo familiari e sconosciute, si dava un’occhiata attraverso le tende delle finestre, curiosi su cosa si poteva sbirciare, oltre ai vicoli misteriosi e i tetti d’ardesia. Poi, una volta passate una o due notti lì, si andava ad ammirare le miniere del Rammelsberg, dove già da millenni si estraevano rame, zinco, argento e piombo. Enormi buchi nel terreno, dove l’energia per l’estrazione arrivava grazie alla gestione delle acque dell’Alto Harz. Uno di quei luoghi che verranno per sempre ricordati come culle della civiltà tedesca, una delle testimonianze principali dell’antica storia industriale del Paese. Oggi sono cambiate tante cose rispetto a quell’epoca, anche qui da me, a Quedlinburg, dove fossati e torre di guardia, seppur perfettamente intatti, rimangono come decorazioni. La zona dell’Alto Harz è balneabile, le miniere di Rammelsberg sono diventate musei, Goslar non fa che migliorare. Sono cambiate tante cose, tutte noi siamo diventate patrimonio UNESCO, ma non è cambiato il valore che da sempre ci portiamo dentro, fin dalla nascita del primo messaggero, fin dalla nostra nascita. Rammelsberg, Goslar e il sistema idrico dell'Alto Harz si trovano all'interno dell'ITINERARIO CULTURALE INDUSTRIALE presente sul sito ufficiale dell'ente turistico tedesco. Consultalo per idee di viaggio alla scoperta dei siti UNESCO della Germania.
    Afficher plus Afficher moins
    Moins d'une minute
  • Città termali – Tra arte, acque e imperatori
    Sep 18 2024
    Avete mai praticato il Go? Si dice sia stato creato più di 4000 anni fa, quando l’imperatore cinese Yao ebbe bisogno di un gioco per tenere a bada l’animo maledetto del figlio. Pietre bianche contro pietre nere, il vincitore avrebbe dominato il mondo. Alcuni dei grandi giocatori tedeschi, anche a distanza di molti anni, hanno sostato nelle mie acque termali, qui a Bad Ems, sulle rive del Lahn, tra i fiumi più puliti d’Europa. È con loro che mi sono innamorata di questa pratica. Fritz Dueball, Hans Pietsch, Jürgen Mattern, ne parlavano non come un gioco ma quanto più come una forma d’arte, dove la creatività si fondeva alla mistica. Una pietra dopo l’altra, alla ricerca della bellezza divina, alla ricerca di una sbirciata nella mente di Dio. Guardavo queste tavole quadrate su cui praticavano e mi ci rivedevo: nell’angolo in alto a destra le prime pietre, la SPA House della Principessa di Nassau-Orange, dove soggiornò anche l’imperatore Guglielmo I; appena sotto, la Sala dei Marmi, che insieme al teatro Kurtheater e al casinò, forma il Kursaal, il pittoresco edificio sulle rive del Lahn; a destra, avrei piazzato la Sala delle Fontane, parte della SPA House, famosa per le sue sorgenti curative, dove i bagnanti, armati di bicchieri, si spostano lungo la Brunnenhalle, tra una fontana e l’altra, dissetandosi dove preferiscono. Tac, tac, tac, tac. Puntini bianchi sulla tavola, spazio conquistato e la visione di una città termale che prende vita, e qui io, Bad Ems, rinasco ancora. Questi giocatori, nel descrivere le varie mosse, utilizzavano termini che mi affascinavano: scale, nodo di bambù, punta di stella, pinzare, salto della scimmia. Occhi grandi, alti e piccoli. Venivano da partite di secoli addietro, a volte millenni, come nel caso di un’altra città termale, quella di Baden-Baden, a sud. Là, sembra che già i romani avessero costruito intorno a quelle acque, iniziatori della tradizione; una partita poi continuata nei secoli da svariati popoli. Le sorgenti che nascono dal parco del Florentinerberg. Tac. Il quartiere delle terme Friedrichsbad, e il balineum romano, tra i complessi termali romani meglio conservati del Baden-Württemberg. Tac. Il centro storico. Tac. I quartieri di ville Beutig-Quettig e Annaberg. Tac tac. Pietre nere acquistano territorio, nasce Baden-Baden, quella che verrà poi definita la Capitale estiva d’Europa. Un’altra partita, un’altra città termale, invece, si svolse a est. Una città, quella di Bad Kissingen, lanciata sul piano politico e internazionale nel XX secolo grazie alle svariate visite del cancelliere von Bismarck, anch’esso giocatore a inconsapevole. In questo spazio lungo la Fränkische Saale, tra foreste e natura, le pietre utilizzate hanno dato vita a un puzzle di dimensioni immense, dove al centro troviamo il Rathaus, l’ex castello diventato municipio, dove gli antichi arredi rimandano a tempi di charme e incanto; pietra a fianco è Regentenbau, l’edificio in classico stile Art Noveau inaugurato dal re Ludwig III, che può arrivare a ospitare fino a 1000 persone; ci sono poi l’Arkadenbau per l’intrattenimento nei giardini. Tac. Lo stabilimento balneare di Luitpoldbad. Tac. La particolare Scala Verde e il piú grande porticato o la piú grande Wandelhalle d’Europa. Tac tac. Una volta imparata l’arte del Go, è complicato non guardare il mondo attraverso la sua griglia, i suoi sentieri e le meraviglie che ne possono scaturire. E io, Bad Ems, ne sono caduta vittima. Vittima di una disciplina sacra e antica come le acque termali di queste città, che parla una lingua comprensibile a tutti, ma che solo a pochi rivela tutto il suo potenziale. Bad Ems e le città termali tedesche si trovano all'interno dell'ITINERARIO WELLNESS presente sul sito ufficiale dell'ente turistico tedesco. Consultalo per idee di viaggio alla scoperta dei siti UNESCO della Germania.
    Afficher plus Afficher moins
    Moins d'une minute
  • Amburgo e Mare dei Wadden – Quadri e vichinghi
    Sep 18 2024
    Il mare era spesso presente nei suoi quadri. Credo di ammirarlo in modo particolare per questo, anche se siamo sempre stati distanti: io, Amburgo, nel vecchio continente, lui, Rob Gonsalves, figlio di zingari emigrati nel Nuovo Mondo, sulle sponde bagnate dall’Ontario. Eppure, dicevo, l’acqua ci accomuna. Nei suoi quadri funge da tappeto su cui poggiano scene surrealiste, fatte d’illusioni, umanità e specchi. Ce n’è uno in particolare, intitolato Sun Sets Sails, dove, durante quello che può essere un tramonto, un’alba, o entrambi, il bianco delle vele si trasforma gradualmente nello spazio vuoto di archi sotto un acquedotto romano. Ecco, in quella fusione, in quella trasposizione di spazi e costruzioni, rivedo spesso l’Elbphilharmonie, la sala da concerti che ricorda proprio una vela issata, un’onda, un cristallo di quarzo. Meravigliosamente blu. Si staglia al centro dell’Hafen City, un quartiere che ho visto nascere e svilupparsi in questi ultimi anni, un quartiere che ha preso il posto del vecchio porto sull’Elba, che rappresenta me, Amburgo; una riqualificazione cominciata con la palificazione dei ponti di Kibbelsteg, che sta continuando e che tra poco terminerà, e allora il sipario verrà dischiuso ufficialmente su quest’opera d’arte. Sempre all’interno dell’Hafen City, poi, si trova la Speicherstadt, zona di musei e storia, il cui passato è diviso tra case di lusso e quartieri operai, uniti nella condivisione della vita attorno al porto. Proprio tra queste vie mi fermo ogni tanto, osservo il Castello sull’Acqua, rivedo Rob e una o più delle sue opere, la luce riflessa e il mondo che si capovolge, realismo magico che prende vita. In quei frangenti mi lascio andare nell’Elba, occhi chiusi come nel quadro The Phenomenon of Floating, risalgo le acque e imparo dalle stelle, sfocio nell’oceano, mi tengo vicina alla terraferma e passo tra le isole Frisone, poco più a ovest, nel Mare dei Wadden: piane fangose formate dalle maree di secoli addietro. Qui, uccelli migratori, focene, pesci e crostacei convivono in un ecosistema intertidale tra i più importanti in Europa. Aree salmastre che ospitano migliaia di esemplari tra flora e fauna, dove il tempo non esiste se non per i cicli stessi della natura. E scopro poi, che io, Amburgo, sono cuspide, insieme al Mare dei Wadden, di un triangolo completato dal sito archeologico di Hedeby, a nord, vicino la Danimarca, sulla linea di fortificazione del Danevirke, linea di confine tra la penisola dello Jutland e la terraferma europea. Resti di una città commerciale che risale a 2000 anni fa, mura e fossati, insediamenti e cimiteri, confine tra l’impero franco e il regno danese, testimone dell’eccezionale espansione della rete commerciale e degli scambi interculturali negli anni. Casa di naufragi e memorie, Hedeby è circondata da un bastione semicircolare protetto da un forte collinare, tra l’altro importante testimonianza dell’era vichinga. Una definizione, questa, con etimologia differente da quella moderna, dove il termine vichingo era usato per definire i viaggiatori del mare, come decifrato dalle pietre runiche rinvenute, e che rappresentava commercio, incursioni e guerre avvenute lontano da casa. E lontano da casa, coscientemente o meno, doveva sentirsi anche Rob. Guardo i suoi quadri, e ciò che mi trasmettono è la ricerca, paesaggi in evoluzione, il viaggio, elementi che rappresentano anche me, Amburgo, dove acque in movimento prendono vita, danzano, come nel dipinto Water Dancing, si muovono per evocare, scoprire, un tormento che regala emozioni vivide, subliminali, terrene e sognatrici. Amburgo e il mare dei si trovano all'interno dell'ITINERARIO COSTIERO presente sul sito ufficiale dell'ente turistico tedesco. Consultalo per idee di viaggio alla scoperta dei siti UNESCO della Germania.
    Afficher plus Afficher moins
    Moins d'une minute
  • Stralsund e Wismar – Sorelle e racconti
    Sep 18 2024
    Avrebbero potuto scambiarci identità, nessuno se ne sarebbe accorto. Sorelle di mare, città portuali, tetti colorati e mete mercantili. Come spesso accade, non si può stabilire una data precisa, le cose accadono nel tempo, ma ci sono dei primi documenti, quelli sì, dove veniamo citate: io, Wismar, la maggiore, insediamento nato a poca distanza dal paese dei pescatori wendish, a qualche chilometro dal centro degli Obodriti slavi, anno di menzione: 1229; mia sorella, Stralsund, la minore, fondata da pescatori arrivati su traghetti, collegata all’isola di Rügen con cui iniziò i commerci, anno di menzione: 1234. Porti naturali, protetti, accarezzati dal Mar Baltico, cinte murarie venivano erette per proteggere il nostro valore, mentre all’interno l’assetto della legge di Lübish dettava strade e piazze. A essere onesta, c’era poi anche Lubecca, intorno a cui ci raggruppammo noi e altre città sotto lo stemma della Lega Anseatica. Non posso negare che quello fu il periodo di maggior splendore, dei nostri mercanti se ne parlava in tutto il mondo, la gente li tirava dalle maniche per far affari con loro, il numero sotto quello stemma arrivò a 200 città! Tra queste, io, Wismar, e Stralsund indicavamo la luce da seguire tra quelle acque nordiche. Fummo le prime a commerciare le aringhe della Scania, esatto, lo dovete a noi, e quello, soprattutto nel Medioevo, non era affatto poco; ci fu poi il luppolo, la prosperità e la guerra con l’avido re danese, conclusa vittoriosamente con la Pace di Stralsund. Una vittoria che riempì d’orgoglio e stima tutta la Lega, e questo sentimento andò poi a riflettersi nei municipi e nelle forti mura attorno, nelle porte, nelle torri e persino negli arredi interni. Si apprezza la bellezza solo quando messa in pericolo, e in pericolo cadde la nostra libertà, anzi, fu proprio soverchiata durante il periodo svedese, iniziato nel XVII secolo quando entrambe cademmo sotto il Regno di Svezia; tre secoli di limbo, guerre e tentativi ribelli, alternati a periodi di pace dove imparammo a conoscere quella nuova cultura, apprezzarne le doti e il candore, l’architettura, l’artigianato delle maioliche e un inaspettato successo delle carte da gioco. Solo all’inizio dello scorso secolo io, Wismar, riuscii a riunirmi alla Dieta tedesca, mentre mia sorella Stralsund, anche attraverso Napoleone, era arrivata allo stesso risultato cent’anni prima. Ci guardiamo indietro, oggi, conversiamo, valutiamo quello che è rimasto di tutta questa storia; io le parlo del Grube di Wismar, quel corso d’acqua medievale sopravvissuto fino a oggi, che miracolo, le dico, no? Quello e poi il “Vecchio Svedese”, la casa più antica della città, nominata in ricordo di quei secoli forestieri; e il Fürstenhof, l’antica residenza estiva dei duchi di Meclemburgo, dove lo mettiamo? Stralsund sorride, concorda, elogia anche la mia Piazza del Mercato, la più grande d’Europa mi rammenta. È vero, è vero, quasi me ne dimentico. Poi passiamo a lei, al Sentiero dei Mattoni Gotici, che porta tra i resti delle mura cittadine, le due porte, le case a capanna e l’imponente municipio. Una tonalità rossa che caratterizza i vecchi tracciati medievali, le chiese e molti altri edifici. E poi, così, smettiamo di parlare, ci guardiamo intorno, le acque del Baltico in perenne movimento su cascate di ricordi, città create dalla storia, sorelle diventate pietre preziose sulle mappe di viaggiatori, mercanti, dinastie e racconti. Stralsund e Wismar si trovano all'interno dell'ITINERARIO COSTIERO presente sul sito ufficiale dell'ente turistico tedesco. Consultalo per idee di viaggio alla scoperta dei siti UNESCO della Germania.
    Afficher plus Afficher moins
    Moins d'une minute
  • Sassonia – Tele naturali e argenti preziosi
    Sep 16 2024
    Il mio nome, Sassonia, deriva dalla gente di spada, guerrieri, forze bellicose li definì Carlo Magno; i popoli dei Cherusci, dei Cauci e degli Angrivari, uniti in una confederazione che guardava avida il Mare del Nord, eternamente in lotta con i Franchi. Ci fu poi il primo Ducato di Sassonia, e da lì il mio nome cominciò a ricoprire territori differenti, spostandosi dal mare alla terra, il vento salino sostituito dalle nevi delle montagne, in quelle terre attraversate dall’Elba, dove più si scende e più si sale in altitudine. Nei secoli di battaglie successive i confini variarono, i popoli si spostarono, crollarono imperi e sorsero nuove famiglie di rango. Da una di queste, fiorì un viaggiatore, artista, narratore di terre che non gli appartenevano, che pubblicò anche diversi libri, nascosto, non so se per un imbarazzo personale o sociale, sotto lo pseudonimo di Semilasso. Il principe Herman von Pückler-Muskau però, era soprattutto un architetto di paesaggi. Ispirato dalla geometria e perfezione inglese, dai loro castelli e palazzi romantici, una volta tornato a casa si ritrovò ettari di terreno lasciategli dal padre. Cominciò a dipingere. La sua tela era il paesaggio, le piante e gli orizzonti, il fiume Neisse, gli elementi architettonici e naturali su entrambe le sue sponde. Impiegò 30 anni a dare vita al Parco Muskau, oggi patrimonio UNESCO, 830 ettari che dalle mie terre si estendono alla Polonia. Linee immaginarie che hanno preso vita dai fogli del principe, dalla Pietra di Pückler ai viadotti sull’Herrenberg, alberi secolari che accompagnano la Sarah’s Walk. Al centro del parco, il Palazzo Nuovo, imponente e accattivante nel suo stile barocco, risalta colorato tra il verde delle piante locali e l’immagine riflessa nel fiume. Qui, si specchiava anche il principe, creatore di nuovi approcci e punti di vista, che riuscì nell’imprevedibile azione di trasformare l’architettura paesaggistica in una disciplina. E mentre la famiglia Muskau nasceva, molto prima che il principe decidesse di rivoluzionare i parchi del mondo, sempre qui da me, in Sassonia, si cominciava ad estrarre l’argento dal cuore della terra. Questo, un po’ più a sud, nella regione di Krušnohori, tra valli fluviali uniche e piccoli villaggi minerari conosciuti solo a chi ci viveva, nascosti tra i Monti Metalliferi oggi condivisi, in veste di sito UNESCO, con la Repubblica Ceca. Dei molti territori di valore, alcuni appartengono oggi al territorio Ceco, ma la maggior parte sono qui in Germania: la fabbrica di vernici blu di Schindler, che ha primeggiato in Europa per diversi anni, la città d’argento di Freiberg, il centro minerario di Hoher Forst e la storia di Marìenberg, ispirata dal Rinascimento italiano. Una storia radicata anche nelle celebrazioni e nelle tradizioni, tra le parate dei minatori e l’arte dell’intaglio del legno, hobby degli operai che sedevano fuori le case, dopo il turno di lavoro, dopo aver tolto polvere e carbone da scarpe, mani e orecchie, e scolpivano, pazienti, personaggi reali o inventati; nel periodo natalizio, in particolare, ancora oggi si vedono piramidi e candelabri, archi e schiaccianoci, oggetti che sono arrivati a rappresentare il Natale non solo qui in Sassonia, ma in gran parte dell’Europa. Oltre all’intaglio, poi, posso fregiarmi di avere i migliori orologiai e i più costosi artefatti della Germania, a Glashütte, e ancora la grande tradizione della porcellana a Meissen. E dalla cima del Castello di Augustusburg, tra i più belli in Europa, si può ammirare tutto il mio territorio, quello della Sassonia, l’Elba che si snoda, le vette dei Monti Metalliferi e i nuovi orizzonti del Parco Muskau, dove echeggiano vecchi ducati e sospiri di guerrieri, i piccoli villaggi custodiscono tesori e nascono esploratori impavidi che, viaggio dopo viaggio, non possono poi fare a meno di tornare, qui nella loro terra madre. Il Parco Muskau si trova all'interno dell'ITINERARIO ATTIVO presente sul sito ufficiale dell'ente turistico tedesco. Consultalo per idee di viaggio alla scoperta dei siti UNESCO della Germania.
    Afficher plus Afficher moins
    Moins d'une minute
  • Lubecca & Brema – Perle e musicanti
    Sep 13 2024
    Scrivere poesie fa male. Così pensavo, osservando Julien. A volte le parole arrivano e boom, sono già scritte, perfette: tre parole perfette. Poi le altre sono nella nebbia, al di là del ponte franto, e c’è bisogno di saltare. Questo penso, ma d’altronde è lui lo scrittore, io sono una modesta città di porto, non è che gli scritti di Lubecca siano così famosi. Era scrittore e anche poeta, Julien Green, un po’ americano, principalmente francese; veniva spesso qui da me e sedeva, scriveva, appunto. Aveva un’energia gravitazionale, e quindi si era abituato ad avere gente seduta accanto, gli piaceva ascoltare. La gente riconosceva lo straniero e gli narravano fatti ed eventi su di me. Un marinaio gli raccontò del mio passato, di come il padre fosse sopravvissuto al devastante bombardamento inglese durante la Domenica delle Palme, nel “42, di come fossi stata la prima città portuale sul Mar Baltico, ormai quasi un millennio addietro; la vecchia regina della Lega Anseatica, mi chiamava, e la mia tradizione navale, lui diceva insieme a qualche fantasma, sopravviveva ancora nel porto: velieri restaurati con amore e messi in fila come una collana di perle. Qui lo sguardo del marinaio si perdeva. Poi, come per scacciare un fantasma, invitò Julien al Schiffergesellschaft, devi venire, diceva, è il ristorante di viaggiatori e capitani da più di 500 anni! Ma lo scrittore sorrise, declinò, con quella nonchalance tutta francese a cui non si può ribattere. Io, Lubecca, li osservavo divertita, ascoltando tutte quelle storie sul mio conto. Una suora, poi, si fermò per un caffè. Era timida, e comunque suora, e Julien questa volta non capii bene perché si sedette lì accanto. Sembrava parlasse da sola più che con lui. Arrivava dall’Ospedale Santo Spirito, descriveva le sue mura medievali e di come vecchi mecenati lo avevano costruito per aiutare poveri e malati. Dopo pochi minuti si alzò, annunciando che si sarebbe diretta all’entrata del centro storico, la Porta di Holsten, e da lì avrebbe fatto il giro delle cinque chiese: St. Marien, St. Petri, St. Aegidien, St. Jakobi e la cattedrale. Il caffè rimase sul tavolino, intatto. Nel frattempo, Julien, soffriva. Una poesia da inviare a Brema, a un uomo speciale che in quel momento si trovava là. Ci fu poi una guida tedesca, abbandonata dal proprio gruppo durante la pausa. Una di quelle guide a cui piace parlare, a volte troppo. Quando si sedette spiegò a Julien come il centro storico fosse stato il primo quartiere a essere riconosciuto come Patrimonio Mondiale dell’UNESCO nel 1987, di come fosse diviso in tre zone, e fece poi l’elenco di tutte le chiese e i conventi presenti. Gli spiegò perché ci sono così tante architetture diverse sulla grande via Grosse Petersgrube, gli parlò del panificio al civico 13 e del conservatorio di musica lì dietro. Si perse poi in un monologo su un Grande Tesoro di monete di Lubecca, ma non si ricordava tutti i dettagli e finì farfugliando. Se ne andò via poco dopo, imbarazzato. Solo, Julien rilesse la lettera ricevuta dall’uomo di Brema. Gli parlava di quanto gli piacesse il municipio di quella città, emblema del governo fin dal 1405, e di come si soffermasse spesso a osservare la statua lì di fronte, quella del Rolando, costruita giusto un anno prima, nel 1404 statua simbolo dei diritti e privilegi della Lega Anseatica. C’erano poi dei paragrafi sul quartiere Schnoor, caratteristico e affollato, la strada Böttcherstraße e la zona della Überseestadt, da dove un tempo caricavano le merci navali. Chiudeva con l’allegria che gli trasmetteva la statua dei Musicanti di Brema, e di come invidiasse la fantasia dei Fratelli Grimm nel creare quelle favole. Julien abbozzò un sorriso, un po’ amaramente, l’uomo gli era parso felice ma sapeva pure che non avrebbe potuto rivederlo ancora per un lungo tempo, e decise quindi di conservare la poesia per un’altra volta; continuò comunque a scrivere. Scoprii con sorpresa che stava dedicando una poesia a me, Lubecca. Mi chiamava una città sorridente, intima, dono di un Medioevo scomparso di cui è rimasta la poesia, impermeabile all’atrocità moderna. Se ne andò quella stessa notte, poco prima che facesse mattina, prima di poter scorgere ancora le forme illuminate dall’alba, prima di poterci ripensare. Ma sorrideva, sapeva come avrebbe finito quella poesia, come tutta la sofferenza poi si sarebbe trasformata in un sentimento ricambiato, di sollievo e fiducia del cuore. Lubecca e Brema si trovano all'interno dell'ITINERARIO COSTIERO presente sul sito ufficiale dell'ente turistico tedesco. Consultalo per idee di viaggio alla scoperta dei siti UNESCO della Germania.
    Afficher plus Afficher moins
    Moins d'une minute
  • Berlino – Nefertiti e giardini d’acacie
    Sep 13 2024
    C’era una foto che girava, la foto di un cortile: in mezzo, un albero d’acacie, circondato da mura che sforavano quei confini di carta. Era caduta a un uomo di cui non seppi mai il nome, che se n’era andato di tutta fretta stringendo per mano una ragazza. All’epoca ero considerata una città viva, certo, ma gli architetti storcevano un po’ il naso, affermando come Berlino avesse bisogno di luce e aria. Gli operai non riescono a respirare, dicevano. Sotto quell’albero d’acacie, fuori dalla foto, c’erano anche dei cespugli, fioriti, e tra i cespugli riposava una scatola di cioccolatini. Indizio d’un amore? Tra gli architetti se ne fece avanti uno in particolare, tale Bruno Taut, e si mise al lavoro per creare in me, Berlino, un po’ di quello spazio, libera sintesi clorofilliana tra ferro e calcestruzzo. Diede origine così a Falkenberg, giù a sud-est, soprannominata poi Tuschkastensiedlung, un quartiere che sfiorava l’autarchia; diceva, Taut, di essersi ispirato alle isole britanniche, e infatti il suo sguardo non incrociava mai gli occhi dell’interlocutore, ma li sorvolava, sempre un po’ più in alto. Colori audaci, stile quasi espressionista, spazi verdi, fertili comunità, la chiamavano una Città Giardino. 1500 appartamenti dove, già all’inizio, finì per perdersi quella scatola tutta rossa piena di dolcezza. Videro che Taut ci sapeva fare, e in più era un architetto, e quindi, chi più chi meno, lo spirito tendeva alla megalomania. E chi lo fermava più? Gliene fecero costruire altri 2000 in un’altra Città Giardino, chiamata Hufeisensiedlung, l’insediamento a ferro di cavallo. Lascio alla vostra immaginazione le forme. Poi si guardarono negli occhi, Taut e il suo capo, e capirono di aver concepito il nuovo standard per le abitazioni moderne. Ognuna di loro aveva pure il bagno e il soggiorno! All’inizio io, Berlino, mi ritrovai spaesata, ma credo che sia normale. Uno scrittore francese dai capelli lunghi e radi, anni dopo, avrebbe affermato che siamo sempre in balia di un evento sconcertante, questo finché non ne arriva un altro a sostituirlo. E dopo la prima grande guerra eccoci qua. Berlino cambia, Berlino insegna, Berlino mostra, così titolavano i grandi giornali di design. E io mi compiacevo di questa nuova ondata d’attenzioni. Ne costruirono altri quattro di complessi residenziali della modernitá, tutti diventati patrimonio UNESCO poi, stavolta a nord, anche se più vicini al centro. Il Schillerpark-Siedlung, sempre di Taut, con asili, bagni in comune e supermercato; il complesso Carl Legien, oasi verde dalle facciate colorate; la Città Bianca nel quartiere Reinickendorf, inconfondibile nelle sue candide facciate che si susseguono uno dopo l’altra; infine, il grande complesso residenziale Siemensstadt, figlio di architetti progressisti del movimento Der Ring, dove la luce la faceva da protagonista. Mi ricordai, solo in seguito, di aver già visto l’uomo senza nome in un crepuscolo settembrino, mentre passeggiava distinto, i baffi chiari ben tagliati e in ordine; era tornato da me, Berlino, da qualche settimana, dopo aver visto una Parigi distrutta e aver gettato il fucile nella Senna. Accudiva tra le mani una scatola rossa, infiocchettata, e si dirigeva verso un altro patrimonio UNESCO di cui posso vantarmi, quell’isola dei musei circondata dalle acque dello Sprea. In quelle settimane la passeggiata sembrava esser diventata un rito quasi giornaliero, dove l’uomo si ritrovava a perdere la cognizione del tempo contemplando il viso di Nefertiti, così simmetrico, elegante, era quasi tentato di accarezzarle il collo, o di lasciarle addirittura quella scatola, ipnotizzato, un goffo tentativo d’omaggio tra le mura del Neues Museum. Questa volta in particolare aveva del tempo da perdere, così fece il giro di tutta l’isola, dall’Altes Museum, affacciato sul Lustgarten, opera del grande architetto Schinkel, fino all’Alte Nationalgalerie di stampo greco; andò poi ad ammirare un Bernini o forse un Canova al Bode Museum, e finì, stanco, sedendosi sui gradini del Museo di Pergamo, dove si addormentò circondato dalle rappresentazioni di battaglie tra dei e giganti. Quanta nostalgia, Berlino, mi confessava sottovoce. Un viaggiatore come altri, uno dei tanti che mi capitava di osservare, ma in lui vedevo uno sguardo diverso. Quel pomeriggio era stato alla Spreewald, la Venezia primordiale. Mille chilometri di fiume, dove i motori non esistono e ci si muove su barche, tra gru, libellule, lontre e anfibi. Aveva remato molto. E alla vista di lui che si allontana mentre fugge, preferisco ricordarlo così quello sconosciuto, le palpebre unite e la bocca socchiusa, una scatola rossa in mano, sognando un viso tanto desiderato tra i giardini di acacie e i cespugli fioriti, la foto di un vecchio palazzo nel taschino, un indirizzo scarabocchiato di fretta da una calligrafia femminile sul retro, insieme a una dedica di poche parole e grandi richieste. Berlino...
    Afficher plus Afficher moins
    Moins d'une minute
  • Ruhr - Gelsenkirchen & Oberhausen, piogge e orizzonti baltici
    Jun 25 2024
    Cominciò così, un po’ per scherzo, un po’ per frustrazione, in un 1904 in bianco e nero, calciando una palla tra le mie vie, quelle di Gelsenkirchen spesso vuote, fredde e piovose. Un manifesto sulle porte dello stadio annunciava la prossima partita. Uno di loro, un po’ per frustrazione, ma senza nemmeno scherzare troppo, tirò fuori una penna, cancellò il nome di una delle squadre e scrisse quella della sua e dei suoi compagni: Westfalia Shalke. Poi, ovviamente, se ne andò scappando appena lo videro, in fondo erano dei ragazzi. Un gruppetto, questo, che amava il calcio, tanto, tantissimo, ma i documenti non raggiungevano la maggiore età, e quindi nessuno li accettava. E fu da lì che cominciò, un po’ per orgoglio, un po’ perché c’era troppa energia nell’aria, l’avventura dello Shalke 04, la squadra di Gelsenkirchen, ospitata prima nella Glückauf-Kampfbahn, “l’Arena della Felicità”, il primo stadio, per poi spostarsi, nel 1973, al Parkstadion e, infine, nell’attuale Veltins Arena, giusto a inizio millennio. Nello stesso periodo in cui si calciava quella palla, tra le pareti bagnate delle vie, tutti quelli che non seguivano il calcio in città, non molti, ma sapete, comunque c’erano, si trovavano a condividere quella sensazione galvanizzante: loro, però, erano invece eccitati di vedere le terre distanti e i ponti del Mare del Nord, che grazie al nuovo canale tra il Reno e la Herna erano semplicemente a un biglietto di distanza. Confini ridefiniti, mappe che si rimpiccioliscono. Palpiti e tremolii. E l’industria, signori e signore, l’industria: da quando avevano aperto la ferrovia da Colonia a Minden, nel 1847, tutto era cambiato, si era persino scoperta la pietra nera che brucia, proprio qui sotto, nel mio terreno, a Gelsenkirchen! Sapevo anche di un’altra città, non molto distante, che era proprio scoppiata con questa storia di estrarre materiali dalla terra. Si chiamava, vediamo, se non sbaglio, ah sì, Oberhausen. Lì c’era un’azienda grossa, molto grossa, che da sola ha fatto crescere tutta la zona. Quest’azienda qui, la GHH, ha poi creato talmente tanti edifici e uffici e magazzini, che per forza alcuni poi sarebbero rimasti vuoti. E Oberhausen cos’ha fatto quindi? Li ha riusati come spazi espositivi ed eventi, e sì, anche feste. Soprattutto il gasometro, il piú grande dEuropa, abbattuto nella guerra e ricostruito poi, e anche lì oggi si fanno molte esposizioni, sembra quasi un teatro, con quelle sue gradinate che tengono fino a 500 persone. Pazzesco. Qualcosa di simile l’ho fatto anch’io, non per vantarmi: il Parco Nordstern era infatti un’importantissima miniera, poi quel periodo finì, e ora si è trasformato in un importantissimo parco paesaggistico. Lo si può vedere in tutto il suo splendore dall’alto, e più precisamente dalla Torre Nordstern, vicino all’Ercole di Gelsenkirchen, una barba blu e un fisico non propriamente eroico, ma comunque simbolo è e rimane. E mi chiedo, mi chiedo io, Gelsenkirchen, se, fosse ancora vivo, cosa direbbe Rutger von der Horst di quell’Ercole, dal suo castello lì vicino, lui che incarnava, a movimenti e parole, il nuovo aristocratico, politico certo, ma anche umanistico, sensibile, durante quel Rinascimento tedesco così particolare e vivace. Era maresciallo, sapete, di Colonia, sì sì, la moglie Anna ne parlava in giro molto bene, era così orgogliosa. Me lo chiedo, ma sono domande un po’ ballerine, lo so, perché qui da me, Gelsenkirchen, nessuno è abituato a guardarsi indietro, si pensa solo a migliorarsi. Capita la stessa cosa quando vedo le biglietterie del primo stadio dello Schalke, invecchiate dal tempo e le intemperie, e mi rifugio per qualche minuto nei ricordi di quei cuori che battevano così bene, così all’unisono, mentre tiravano una palla bagnata in giro per la città, già immaginando i colori delle future magliette. La Ruhr si trova all'interno dell'ITINERARIO CULTURALE INDUSTRIALE presente sul sito ufficiale dell'ente turistico tedesco. Consultalo per idee di viaggio alla scoperta dei siti UNESCO della Germania.
    Afficher plus Afficher moins
    Moins d'une minute